CREDIT SUISSE, COS’È ANDATO STORTO?

Domenica 19 marzo è arrivata la notizia che UBS ha acquistato Credit Suisse con una operazione dal valore totale di 3 miliardi di euro, con la quale è stata “trovata una soluzione per assicurare la stabilità finanziaria e tutelare l’economia svizzera in questa situazione eccezionale”, afferma la banca centrale svizzera.

Il Credit Suisse, che vantava 167 anni di storia, è crollato il 19 marzo scorso in 72 ore, senza che la Confederazione avesse il tempo, le capacità e forse la voglia, di studiarne il salvataggio, come fece invece per UBS nel 2008. Dopo la fine di Swissair e la scomparsa del segreto bancario, questo è il terzo colpo più duro inferto alla Svizzera. L’opinione pubblica elvetica è indignata e la fiducia nelle istituzioni è crollata ai minimi storici.

E’ anche vero, come ha di recente sostenuto il presidente nazionale del partito UDC, Marco Chiesa, che prima dei soldi Credit Suisse avesse già perso l’anima svizzera: troppi investimenti rischiosi all’estero, troppi manager stranieri lontani dalla cultura e dalla tradizione elvetica. Molti analisti, tra i quali Oswald Gruebel, l’ex ceo dell’Istituto di Paradeplatz in carica dal 2003 al 2007, sostengono che si sarebbe potuto fare di più per salvarla, dividendo per esempio la parte insana dell’Investment Banking legata ai crediti speculativi d’oltreoceano, da quella sana del Private Banking.

Ma la situazione è precipitata in pochi giorni, senza che vi fosse il tempo di trovare le soluzioni.

 

Breve storia della Credit Suisse

Credit Suisse, fondata nel 1856 da Alfred Escher a Zurigo, è una banca d’affari presente in oltre 50 paesi, per un totale di circa 49mila dipendenti che assiste imprese, istituzioni ed individui con soluzioni integrate che includono la consulenza nel private banking, nell’investment banking e nell’asset management. Secondo il rapporto annuale, alla fine del 2022 Credit Suisse gestiva 1.440 miliardi di franchi (circa 1.300 miliardi di euro) di attivi totali, di cui 1.080 miliardi (circa 980 miliardi di euro) erano fondi dei clienti.

 

Cosa è successo alla banca negli ultimi anni? Da Credit Suisse a “Debit Suisse”

Una lunga storia di errori, bugie e scandali hanno trasformato la gloriosa Credit Suisse (nel 2007 ottavo istituto di credito al mondo per capitalizzazione), nella “Debit Suisse”, come è stata ribattezza su social e giornali.

Anni di storia costellati da un numero elevato di scandali e crisi, alcuni storici: è il caso dalla compravendita di oro con la Germania nazista e i rapporti commerciali con il Reich. In “epoca moderna”, l’inchiesta “Suisse secrets” rivela i dati di 18mila clienti, ma soprattutto costa alla banca la condanna per non aver impedito il riciclaggio di denaro da parte di una banda bulgara di trafficanti di cocaina. Lo scandalo ribattezzato Swissleaks, che avrebbe coinvolto anche il Vaticano causando enormi perdite finanziarie, come confermato dai risultati di bilancio del 2022, con una perdita annunciata di 7 miliardi di franchi. Ancora prima, nel 2021 il crollo di Archegos Capital Management e Greensill Capital: il primo era un hedge fund, creato dall’imprenditore statunitense di origine coreana Bill Hwang, il cui fallimento è costato 5 miliardi di franchi alla banca svizzera; la seconda era invece una società finanziaria britannica in relazione alla quale Credit Suisse aveva lanciato 4 fondi, in cui diversi suoi clienti hanno investito circa 10 miliardi di dollari. In aggiunta, i rapporti con dittatori e organizzazioni criminali: l’istituto di credito nel 1986 ha protetto con nomi falsi i depositi del dittatore filippino Marcos e di sua moglie Imelda, venendo condannata dal Tribunale di Zurigo a restituire 500 milioni al governo di Manila. Rapporti oscuri del passato emergono anche col dittatore nigeriano Sani Abacha e addirittura con la Yakuza, la mafia giapponese di cui la Credit Suisse ha riciclato 5 miliardi di yen. Le sono state inflitte multe per aver aiutato varie società ad aggirare le sanzioni contro Sudan e Iran e altre due per aver aiutato ad evadere miliardi di dollari/euro decine di contribuenti tedeschi e statunitensi. Infine le disavventure dei suoi vertici. L’ex amministrato delegato Tidjane Thiam, era stato costretto a lasciare l’incarico nel marzo 2020 dopo che un’indagine rivelò che la banca aveva assunto investigatori privati per spiare l’ex responsabile della gestione patrimoniale Iqbal Kahn, per il timore di un suo passaggio alla rivale UBS, poi effettivamente accaduto. Quindi il presidente del CdA, l’anglo-portoghese Antonio Horta Osorio, beccato due volte a violare la quarantena in epoca di Covid, di cui una per assistere alla finale di Wimbledon, oltretutto utilizzando l’aereo aziendale, e costretto alle dimissioni.

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